Strapazzate, in camicia, sode, al tegamino… esistono moltissimi modi di preparare le uova. Ma se vi dicessimo che l‘uovo non sono buone solo da mangiare, ma anche per produrre energia? Recenti studi stanno investigando dei modi innovativi per utilizzarle come pregiata materia prima in questo campo. Vi racconteremo due di questi studi… e speriamo di non fare una frittata!
Dall’albume all’idrogeno
Un gruppo di ricercatori dell’università giapponese di Osaka ritiene di poter utilizzare l’albume delle uova per semplificare la produzione di idrogeno tramite fotocatalisi. Questa tecnologia permette di produrre idrogeno non tramite combustibili fossili (che è purtroppo lo standard con cui lo si produce oggi), ma utilizzando direttamente l’energia solare per rompere le molecole d’acqua in idrogeno e ossigeno.
Affinché si riesca a portare avanti il processo è necessario un catalizzatore, ovvero un composto in grado di accelerare la reazione. Chiunque possieda un’auto sta inconsapevolmente utilizzando dei catalizzatori: sono all’interno della marmitta catalitica. Se non ci fossero, ci vorrebbero tempi lunghissimi per catturare gli inquinanti dai gas di scarico, così invece basta il tempo di un’accelerata!
Ritornando a parlare di fotocatalisi, per farla avvenire il processo deve essere interamente immerso dentro una sostanza liquida. Si è però notato che se le molecole di catalizzatore sono lasciate libere di muoversi all’interno di questo liquido perdono di efficacia, non riuscendo ad accelerare la reazione.
Gli scienziati hanno cercato a lungo un modo di immobilizzare le molecole, accumulandole in strutture apposite. Hanno provato di costruire le strutture più disparate, fino a quando si sono accorti che la natura ne aveva già ideata una perfettamente adatta al loro scopo. Questa “trappola per catalizzatori” è il lisozima, un enzima contenuto nell’albume delle uova. È possibile costruire in laboratorio dei cristalli di lisozima, innalzando delle strutture dell’ordine dei nanometri (miliardesimidi metro!) ricche di fori in grado di catturare le molecole di catalizzatore. In questo modo, il catalizzatore si attiva e la produzione di idrogeno viene accelerata.
La prossima volta che montate a neve gli albumi per preparare meringhe, crema al mascarpone o qualunque altra prelibatezza,sappiate che state manipolando un ingrediente promettente per produrre l’idrogeno del futuro.
Batterie ai gusci d’uovo
Cambiamo ora continente e andiamo alla Murdoch University di Perth, in Australia, dove un altro gruppo di ricercatori sta focalizzando i propri studi su ciò che normalmente consideriamo un rifiuto: i gusci delle uova. Essi, infatti, sono ricchissimi di minerali e potrebbero nel futuro diventare il materiale degli elettrodi delle batterie. In particolare, il minerale che si vuole sfruttare è il carbonato di calcio, presente in grandi quantità all’interno dei gusci. Per rendere la sua struttura adatta al lavoro da elettrodo deve essere riscaldato fino a 900°C (in un processo chiamato calcinatura) e poi triturato con mortaio e pestello (allo stesso modo del pesto tradizionale!).
Il nuovo elettrodo così prodotto è stato testato, sostituendolo al posto di uno dei due elettrodi di una normale batteria al litio. La prestazione della batteria non ne ha risentito: dopo 1000 cicli di carica e scarica il deterioramento riscontrato era del tutto analogo a quello delle tradizionali batterie in commercio. Se quest’uso dei gusci prendesse piede sulla larga scala, si riuscirebbe a dare nuova vita a un preziosissimo materiale, abbondante ed economico, che fino ad oggi non siamo stati in grado di valorizzare come merita.
In realtà, a pensarci meglio, l’idea di usare i gusci delle uova non è poi così nuova. Ci aveva già pensato la brillante mente di Charles Schulz, quando in uno spezzone della celebre serie dei Peanuts fa disperare Linus, perché tutti i giorni si dimentica di portare alla maestra i gusci d’uovo per costruire un villaggio di igloo. Che i ricercatori australiani siano degli avidi lettori di fumetti? Good grief Charlie Brown!
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