Idrogeno bianco: il nuovo oro nero della sostenibilità?

La scienza è sempre meno rivoluzionaria. Lo dice la rivista Nature, che in un provocatorio articolo pubblicato all’inizio di quest’anno afferma che il numero di scoperte rivoluzionarie sta calando vertiginosamente negli ultimi 50 anni. Ma la domanda è d’obbligo: chi stabilisce se una scoperta sia rivoluzionaria o meno? La definizione è presa in prestito dal mondo dell’economia, dove un’innovazione disruptive (per l’appunto “rivoluzionario” in inglese) è in grado di creare un nuovo mercato, oppure è talmente potente da riuscire in poco tempo, iniziando dal basso, a stravolgere un mercato esistente. Alla luce di questa spiegazione, abbiamo una buona notizia da darvi: c’è stata una scoperta rivoluzionaria nel mondo dell’idrogeno. Preparate il discorso per il premio Nobel: stiamo per entrare nella storia.

Figura 1: le scoperte rivoluzionarie stanno crollando vertiginosamente… l’idrogeno romperà questo trend? (fonte: Il Sole 24 ore)

Signore e signori: la rivoluzione

Chi studia l’idrogeno sa che tutto può succedere, ma sa anche che esiste una certezza a cui aggrapparsi: non esistono riserve di questo gas sul nostro pianeta (ne abbiamo parlato nel nostro articolo “Idrogeno: supereroe o condanna? Facciamo chiarezza”). Anche se si formasse dell’idrogeno, esso non rimarrebbe intrappolato nelle rocce, ma subito diffonderebbe verso l’atmosfera, dove reagirebbe con l’ossigeno in tempo zero per formare vapor d’acqua. Sulla base di questa legge della natura, l’uomo si è spremuto le meningi nell’ideare vari modi di produrre questo preziosissimo gas a livello industriale (abbiamo parlato anche di ciò, nel nostro articolo “I colori dell’idrogeno”). Però si sa: le regole sono fatte per essere infrante.

Negli ultimi anni, si è incominciato a rilevare la presenza di giacimenti di idrogeno naturale in diversi ambienti geologici. Questa notizia ha destato grande interesse da parte di ingegneri e geologi di tutto il mondo, perché ha il potenziale di cambiare completamente il nostro modo di approcciarci a questo gas. Se è possibile estrarlo, l’idrogeno passa dall’essere un vettore energetico a una risorsa energetica. È la stessa definizione di un idrocarburo che ha permesso all’uomo di rivoluzionare la propria società e di elevare il proprio stile di vita come mai prima: il petrolio. Per ribadire l’assenza di emissioni di CO2 che deriva dal suo utilizzo, questa nuova tipologia di idrogeno è stata definita con l’appellativo del colore della purezza: idrogeno bianco. È proprio il caso di dirlo: white is the new black.

Tempistiche e opportunità

Eppure, l’idrogeno non è apparso dalla sera alla mattina: è presente nella crosta terrestre da milioni di anni. Allora perché non lo abbiamo trovato prima? La risposta è tanto semplice quanto spiazzante: perché non lo stavamo cercando. Se i geologi non si aspettano di trovare un certo composto, quando vanno in campo a fare le rilevazioni non portano con sé gli strumenti in grado di identificarlo. Per misurare la concentrazione di idrogeno sono necessari sensori appositi, da aggiungere ai tradizionali rivelatori di gas naturale, e ad oggi pochi analizzatori portatili possiedono questo upgrade. In più, la maggior parte delle estrazioni di fonti fossili avviene in strati sedimentari, che non essendo i luoghi più adatti alla formazione di idrogeno ha ridotto le probabilità di incontrare questo gas.

Per adesso i giacimenti più interessanti sono situati in Nuova Caledonia, un possedimento francese nell’Oceano Pacifico, in Brasile ed in Mali. Nei primi due luoghi, l’idrogeno bianco potrebbe spiegare un misterioso fenomeno naturale che fa grattare il capo da decenni: i cerchi delle fate, zone circolari prive di vegetazione che rendono il territorio simile al manto a chiazze di un dalmata. In Mali invece la rivoluzione è stata fin da subito molto più tangibile: il giacimento di idrogeno, essendo puro al 98%, viene bruciato al fine di produrre elettricità tramite una turbina, utilizzata per dare energia al villaggio di Bourakébougou, senza produrre una singola molecola di anidride carbonica. Ecco uno scorcio sul progresso che questa scoperta è in grado di fornire.

Figura 2: a sinistra un cerchio delle fate in Brasile, a destra un tecnico monitora l’estrazione dell’idrogeno bianco a Bourakébougou, Mali (fonte: Science)

Processi di formazione: piccolo excursus di geologia

Mentre sappiamo bene che il petrolio si forma per decomposizione di organismi viventi, come si forma l’idrogeno bianco? A dire il vero non abbiamo ancora una risposta certa a questa domanda, visto che è solo di recente che abbiamo iniziato ad indagare questo mondo che, come tutti i sistemi naturali, è composto da una miriade di processi in perenne interazione tra loro. Per farla semplice, soffermiamoci a parlare del fenomeno forse più di rilievo nella faccenda: la serpentinizzazione.

Tutto ha inizio sul fondo del mare. Nei fondali oceanici sono presenti dei comignoli idrotermali, che esalano gas molto ricchi di elementi pesanti, come il ferro e lo zolfo. Queste canne fumarie naturali hanno un nome degno di una band heavy metal: black smokers. Tutti gli elementi che fanno fuoriuscire si depositano sul fondale oceanico tutto attorno. In questo modo, le rocce che lo compongono diventano estremamente ricche di minerali, il che innesca una reazione con l’acqua attorno: la serpentinizzazione. Questa reazione trasforma le rocce oceaniche in serpentino, un’altra tipologia di roccia dal caratteristico colore verde, rilasciando calore, metano e anche lui: l’idrogeno bianco.

Conclusione

Da qui in poi, i giacimenti sono in balia della tettonica attiva, ossia di tutti quei fenomeni geologici che plasmano e modellano il nostro pianeta, in maniera lenta ma inarrestabile. Ecco quindi che il serpentino, e l’idrogeno che porta con sé, può spostarsi dal fondo del mare alla cima di una montagna! Non ci credete? Questo è il processo che ha portato alla formazione delle Alpi. Centinaia di milioni di anni fa, le rocce della catena montuosa più alta d’Europa erano in fondo al mare, come testimoniano i numerosi fossili ritrovati in varie zone alpine (come ad esempio sul massiccio dell’Argentera). Uno dei monti più celebri della catena presenta grandi giacimenti di serpentino: il Monviso. Ecco quindi che l’idrogeno bianco potrebbe essere molto più comune di quello che pensiamo: nel mondo della geologia tutto può succedere.

Figura 3: la reazione di serpentinizzazione (fonte: The Planetary society)

La serpentinizzazione è solo uno dei tasselli del grande sistema che si cela dietro la formazione dell’idrogeno bianco e ovviamente è molto più complesso di come ve lo abbiamo raccontato, pieno di passaggi intermedi che in realtà non sono nemmeno completamente chiari agli studiosi d’oggi. Più riusciremo a comprendere il macrocosmo dell’idrogeno bianco e più saremo in grado di sfruttare questa risorsa, in grado di stravolgere l’ecosistema energetico e di conseguenza il nostro stile di vita. Tutto sta nella nostra capacità di andare a nozze con il cambiamento che si prospetta davanti a noi. Il matrimonio s’ha da fare: il colore del vestito da sposa è quello giusto.

Figura 4: schema dei vari fenomeni legati all’idrogeno bianco e delle loro interazioni reciproche, un sistema ancora tutto da scoprire (fonte: Science)

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Avatar Ilaria Giaccardo