I reattori nucleari tascabili

Da quando le applicazioni commerciali dell’energia atomica hanno iniziato a generare profitti significativi, l’interesse delle grandi multinazionali occidentali si è orientato non solo verso impianti con capacità sempre maggiori, ma anche verso soluzioni innovative come i reattori nucleari “tascabili”, promettenti una rivoluzione nella produzione decentralizzata di energia. Tuttavia, ciò ha comportato un progressivo incremento dei costi e dei tempi di costruzione.

Il sempre maggiore interesse verso le tematiche del cambiamento climatico e dell’inquinamento ambientale ha portato numerose Nazioni ed organizzazioni a prendere nuovamente in considerazione il nucleare come fonte energetica a basso impatto carbonico (per via dell’assenza di produzione diretta di CO2).

Nonostante presentino ancora delle reti elettriche di modesta portata, alcuni Paesi in Via di Sviluppo (PVS) vorrebbero abbracciare le nuove tecnologie nucleari. L’ampio spettro di volatilità legato alle Renewable Energy Sources (RES) ha condotto molte Nazioni ad un’elevata flessibilità nella produzione energetica per sopperire alle esigenze di alcune aree remote, attualmente rifornite da generatori Diesel.

I reattori modulari compatti

Adottare reattori nucleari dalla potenza nominale inferiore allo standard industriale odierno ha come vantaggio la minore generazione di calore da decadimento, ossia non bisogna continuare a raffreddare il reattore una volta spento per tempi notevolmente lunghi. Lato sicurezza, ciò comporta anche una minore necessità di refrigerazione del nocciolo in caso di incidente.

Gli Small Modular Reactors (SMRs, i Reattori Modulari Compatti), gli Advanced Modular Reactors (AMRs, i Reattori Modulari Avanzati) ed i loro fratelli minori, i Microreactors (i Micro-reattori), rappresentano dei validi alleati, non soltanto per i PVS, ma anche per gli obiettivi di decarbonizzazione di alcune aziende occidentali particolarmente energivore. Essi si rivelano particolarmente versatili per abbattere i costi del capitale e per fornire energia anche in aree estremamente lontane dalle reti elettriche principali.

Ma come si caratterizzano tali reattori e come la classe politica italiana si sta muovendo in tale direzione? Analizziamo insieme gli SMRs, gli AMRs ed i Microreactors!

Cosa sono gli Small Modular Reactors (SMRs)?

Per definizione, gli SMRs (Small Modular Reactors) sono dei reattori nucleari con potenza inferiore o uguale a 300 MW elettrici (cioè meno di un terzo della potenza elettrica nominale dei reattori tradizionali, che si aggira nell’ordine dei 1000 MW elettrici, come nel caso del reattore AP1000), spesso accompagnati dalla possibilità di una fabbricazione modulare in appositi stabilimenti (anche lontani dal sito dell’impianto), da economie di produzione in serie (un unico design valido anche per altri reattori), dai ridotti tempi di costruzione e da una significativa semplificazione del design.

Si avvalgono delle tecnologie ben rodate nelle Generazione III o Generazione III+ per impianti nucleari di grandi dimensioni, rendendosi versatili sia per configurazioni a circuito (loop), ossia con componenti impiantistiche separate, o integrali (all-in-one), cioè con i componenti del circuito primario tutti collocati nel vessel del reattore. Il combustibile nucleare adoperato può durare fino a 25 anni, senza essere sostituito ogni 3-7 anni come accade negli impianti nucleari di precedente concezione.

Che vantaggi portano gli SMRs rispetto ai reattori tradizionali?

Le agevolazioni sotto il piano finanziario sono legate all’efficienza costruttiva ed all’impiego di sistemi di sicurezza passiva meno ridondanti, ossia vi è un minor numero di copie di uno stesso sistema di sicurezza che non richieda una sorgente esterna di alimentazione.

Gli SMRs possono essere collocati sottoterra, garantendo così una maggiore protezione in caso di attacchi terroristici o calamità naturali. In alcuni casi, possono essere installati anche in prossimità di impianti già esistenti per bilanciare la potenza richiesta e quella da fonti rinnovabili intermittenti.

Attualmente, quasi tutte le principali famiglie di reattori tradizionali (schematizzati in Figura 1) sono interessate da questi progetti: i reattoriad acqua, a gas ad alta temperatura, a metalli liquidi e a sali fusi, per un complessivo superiore agli 80 SMRs in fase avanzata di design per le più svariate applicazioni (inclusa la rompighiaccio russa Akademik Lomonosov, entrata in funzione nel Maggio 2020 con una capacità di 70 MW di elettricità (“Scenari Energetici Futuri Fino Al 2050).

Figura 1: Principali famiglie di reattori SMRs (Fonte: earthsci.org)

Il progetto NuScale

Considerato uno tra gli SMRs più all’avanguardia, il NuScale (schematizzato in Figura 2) adotta un design che affianca alla produzione di energia elettrica alcune applicazioni termiche, tra cui la cogenerazione di calore, la raffinazione, la dissalazione ed il teleriscaldamento. La sua vita operativa sarà di circa 60 anni.

L’impianto si caratterizza per la presenza di 6 moduli e adotta sistemi di sicurezza passivi (cioè sistemi d’emergenza che non richiedono un’alimentazione elettrica esterna) che garantiscono una refrigerazione a tempo illimitato del nocciolo in caso di incidente. Ciascuna unità eroga 77 MW di elettricità ed è in grado di operare autonomamente dalle altre in una configurazione multimodulo. Il primo modulo ad entrare in funzione sarà il VOYGR-6 in Idaho (USA) nel 2029. Tra i partner impegnati nel progetto, spicca l’italiana Ansaldo Nucleare, che contribuirà con un generatore di vapore a serpentina elicoidale.

Figura 2: Confronto dimensionale tra NuScale ed un tradizionale reattore PWR (Fonte: energycue.it)

La circolazione naturale in NuScale

Durante la normale operazione, per la refrigerazione del nocciolo, NuScale fa uso della circolazione naturale (Link all’articolo “Design Di Un Impianto Nucleare A Fissione), ossia di un sistema di refrigerazione passivo basato sulla differenza di quota tra due punti del nocciolo e sulla differenza di densità tra un fluido più caldo ed uno più freddo. Tale meccanismo non fa uso di pompe e coinvolge i seguenti fenomeni fisici (schematizzati in Figura 3):

  • Convenzione: basata sull’effetto camino, ossia l’energia liberata dalle reazioni nucleari scalda il refrigerante primario facendolo risalire per convenzione e per spinta di galleggiamento verso l’alto, raffreddandolo;
  • Gravità: giunto in cima, il refrigerante primario più freddo e più denso precipita verso il basso, facendo ricominciare il ciclo convettivo precedente;
  • Conduzione: il calore erogato dal fluido primario è trasferito attraverso le pareti delle tubazioni al generatore di vapore, scaldando l’acqua al suo interno (refrigerante secondario) fino a farla evaporare.

Il nocciolo è sommerso in acqua dalla piscina del reattore, ossa un pozzo termico passivo per la rimozione del calore dal reattore. In caso di incidente, tale acqua si riscalda fino ad ebollizione.

Figura 3: I tre fenomeni fisici impiegati per la refrigerazione del reattore NuScale (Fonte: neutronbytes.com)

I progetti AMRs di Generazione IV

Gli Advanced Modular Reactors (AMRs, cioè i Reattori Modulari Avanzati) rientrano nella famiglia di reattori di Generazione IV, obbedendo ai principi di sostenibilità, sicurezza, economicità, resistenza alla proliferazione e protezione fisica. Richiederanno circa 15 anni prima di arrivare alla commercializzazione.

Il loro punto di forza risiede nell’implementazione di soluzioni alternative all’Uranio ed al Plutonio, con annesso ridimensionamento dei volumi di scorie prodotte, da poter poi bruciare in appositi impianti. Possono utilizzare come combustibile molti rifiuti radioattivi particolarmente dannosi e dalla lunga vita media prodotti dalle centrali nucleari tradizionali che, altrimenti, andrebbero collocati in depositi geologici per decine di migliaia di anni.

Come novità in ambito refrigerazione si annovera il piombo, notevolmente versatile per le applicazioni nucleari, per via della significativa abbondanza, del basso costo, delle alte temperature di ebollizione, per non reagire con acqua ed aria, oltre che per schermare dalle radiazioni. Tutto ciò comporta alte efficienze operative per l’operazione a pressione atmosferica, drastica semplificazione del design ed incremento del grado di sicurezza passiva in caso di incidente.

Il contributo di Newcleo

Per l’alimentazione dei propri data center, alcune Big Tech, come Google, Microsoft ed Amazon, sono pronte ad investire nella realizzazione di impianti SMRs nel Nord Italia. In tale direzione punta l’accordo tra Enel e Newcleo. Quest’ultima è impegnata nella realizzazione di due AMRs da 30 MW e 200 MW di elettricità.

L’impianto da 30 MWe, ribattezzato LFR-AS-30, è pensato per richieste di produzione elettrica di piccolo cabotaggio, in particolare per comunità remote, isole e per la propulsione atomica marittima. Si basa sulla tecnologia di ENEA, referente per la progettazione del reattore.

Il più grande, da 200 MWe, chiamato LFR-AS-200 (schematizzato in Figura 4), rappresenterà una soluzione economicamente competitiva per le stazioni di produzione di potenza centralizzata. Pensato per una refrigerazione a piombo liquido, si prevede che entrerà in commercializzazione entro il 2030-2035.

Figura 4: Design del reattore veloce refrigerato a piombo SMR LFR-AS-200 (Fonte: world-nuclear-news.org)

Gli AMRs potranno offrire prestazioni migliori, nonché nuove funzionalità (e.g., cogenerazione, produzione di idrogeno e cicli chiusi del combustibile, ossia senza la produzione di rifiuti radioattivi). Tutto ciò li porta ad essere più competitivi degli SMRs, grazie anche ai cicli termici altamente efficienti, sebbene la loro tecnologia sia meno matura.

I fratelli minori: i Microreactors

Per definizione, un Microreactor è un reattore nucleare con potenza elettrica in uscita inferiore o uguale a 20 MW, in grado di operare sia come parte della rete elettrica che indipendentemente da essa, ovvero come parte di una microrete. Inoltre, consentono attività non legate alla produzione di elettricità, come la cogenerazione di calore per alcune filiere industriali.

Tali reattori adottano soluzioni dal design particolarmente flessibile in termini di portabilità e sono in grado di generare elettricità e calore senza la necessità di una continua ricarica del combustibile, maggiore difficoltà attualmente presente per i generatori diesel collocati in aree particolarmente impervie.

Tra le principali innovazioni tecnologiche si annoverano la drastica riduzione delle barriere di contenimento rispetto ai reattori tradizionali, conseguenza della minore potenza prodotta, delle basse pressioni raggiunte in condizioni nominali di operazione e della scarsa probabilità di reazioni chimiche.

Cosa offrono i Microreactors allo stato attuale?

Numerosi sono i vantaggi offerti da questa famiglia di reattori (schematizzate in Figura 5):

  • Ridotta dimensione: i Microreactors si prestano bene a numerose opportunità di mercato, sia per applicazioni statiche che portatili, riducendo la necessità di assemblarli in loco.
  • Layout semplificato: pensati per una vita operativa di circa 10 anni (nettamente inferiore ai 40-60anni di un impianto nucleare di moderna concezione e di maggiori dimensioni), mostrano una minore possibilità di incorrere in incidenti relativi, ad esempio, alla rimozione del combustibile esausto. I Microreactors possono essere periodicamente spenti e trasportati in appositi stabilimenti per operazioni di ispezione.
  • Rapida installazione sul posto: una volta connessi alla rete elettrica, i Microreactors sono in grado di generare potenza nel giro di pochi giorni.
  • Sicurezza e non-proliferazione: l’assenza di barriere di contenimento delle centrali nucleari di maggiori dimensioni potrebbe rappresentare un rischio in caso di incidente aereo o operazioni terroristiche.

Le prospettive future per i Microreactors

A differenza dei più rinomati SMRs, i Microreactors si trovano ancora agli stadi iniziali di sviluppo e si prevede che non entreranno in funzione prima della fine del 2027. Lato burocratico si hanno, tuttavia, dei vantaggi, in quanto il tempo stimato dall’accettazione della licenza all’operazione commerciale ed alla generazione di potenza è di circa 7 anni. Più favoriti nella corsa all’oro sono i microreattori che adottano design già ampiamente rodati in ambito nucleare, come quelli basati sulla refrigerazione ad acqua, mentre soluzioni costruttive di più recente concezione (metalli liquidi, sali fusi e gas ad alta temperatura) seguiranno un iter certificativo più lungo.

Figura 5: Principali caratteristiche del microlettore MegaPower, sviluppato dal laboratorio nazionale di Los Alamos nel Nuovo Messico (Fonte: militarytimes.com)

A che punto sono gli SMRs in Italia?

Nel Nostro Paese continua a crescere l’interesse verso la reintroduzione del nucleare come fonte energetica utile alla produzione di energia elettrica. Recentemente c’è stata la nomina da parte del governo Meloni di un consulente per la fattibilità del progetto, nonché l’annuncio di una legge che regolamenti il settore.

Tuttavia, non è oro tutto ciò che luccica. I problemi legati alla sicurezza hanno in passato portato l’opinione pubblica italiana a votare no al referendum sul nucleare per ben due volte, con conseguente immediata dismissione delle centrali precedentemente esistenti (vedi Figura 6). Le generazioni e gli scenari geopolitici ed economici sono cambiati da allora, per cui non è detto che ciò possa ripetersi nuovamente. Inoltre, per l’entrata in funzione bisognerà attendere che le tecnologie siano mature, cioè fino al 2030.

Ma a chi si dovrebbe rivolgere il nucleare di nuova generazione?

In primo luogo alle imprese, poiché potranno beneficiare dell’energia atomica a costi più contenuti del gas, favorendo nel contempo una produzione non intermittente.

Le aziende protagoniste nello scenario SMRs italiano

In tema SMRs, lo stato italiano ha avviato trattative con alcune società incaricate di svolgere le necessarie valutazioni del caso. Tra di esse spicca Enel, forte dell’esperienza acquisita nella realizzazione di centrali nucleari in Spagna ed in America Latina. Al gruppo elettrico italiano si affiancano Ansaldo Nucleare (impegnata nello sviluppo di tre modelli di SMRs), Fincantieri, Rina (interessate alle applicazioni in ambito marittimo) e Leonardo (focalizzata sulla produzione di stabilimenti ed arsenali delle forze armate). Ansaldo Nucleare è attualmente leader nella valutazione dello stato e delle prospettive offerte dalle filiere SMRs europee, inclusa l’introduzione di nuovi metodi, strumenti e componenti non-nucleari di alta qualità.

L’obiettivo sperato dal governo italiano è quello di realizzare un’apposita filiera che produca i moduli richiesti per gli SMRs da vendere in Italia o all’estero. Perché ciò avvenga, bisognerà assicurarsi le materie prime in grado di rendere economicamente competitivo il prodotto all’atto della messa in vendita. Una volta che le tecnologie legate ai reattori modulari saranno mature, ne potranno beneficiare i soggetti più disparati, dalle utility, alle attività produttive particolarmente energivore. Rimane ad Enel in compito di fare gli approfondimenti del caso e stabilire quale tecnologia adoperare per reattori nucleari di piccola taglia in Italia.

La capacità stimata per il futuro nucleare italiano

Nel bel Paese sono attesi fino a 40 SMRs per un investimento complessivo di 40 miliardi. Il grande interesse deriva maggiormente dalla produzione di energia elettrica a costi competitivi. I reattori modulari saranno in grado di alimentare le utenze con un costo di realizzazione stimato intorno ai 3.5 milioni per MW prodotto. Il nucleare italiano garantirebbe così una potenza installata nel range tra i 12 ed i 16 GW, a fronte dei 130 GW attualmente disponibili.

Figura 6: produttori e detentori di rifiuti radioattivi in Italia (Fonte: depositonazionale.it)

Le tecnologie nucleari si sono profondamente evolute nel corso degli ultimi decenni, portando alla realizzazione di reattori sempre più sicuri e dalle capacità installate maggiori. Accanto a questa filiera industriale si affianca un nuovo filone della ricerca rappresentato dai reattori modulari compatti: gli SMRs, gli AMRs ed i Microreactors.

Conclusioni

I costi contenuti e un iter burocratico meno tortuoso fanno sì che queste applicazioni possano trovare terreno fertile anche nei Paesi più scettici al nucleare. In un futuro sempre più globalizzato, dove alcune produzioni industriali o la digitalizzazione diventeranno sempre più energivore, l’adozione dei reattori modulari si rivelerà d’obbligo. Questo garantirà una continuità di servizio non influenzata dalla stagionalità o dalle condizioni meteorologiche, come accade per le fonti rinnovabili.

Il bassissimo apporto di emissioni di  e l’utilizzo di materiali radioattivi di scarto come nuovo combustibile renderanno questi reattori uno strumento versatile. Inoltre, ha una trascurabile impronta ecologica, perfettamente in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione previsti dalle politiche di contrasto al cambiamento climatico. (Link all’articolo “Energia E Clima: Un Legame Indissolubile)

Tutte queste peculiarità hanno trovato terreno fertile in Paesi storicamente anti-nucleari, come l’Italia. L’interesse del governo Meloni verso questa fonte energetica è segno di una maggiore consapevolezza del fatto che un qualunque mix energetico low-carbon non possa escludere l’energia atomica, specie se si tratta di garantire l’alimentazione elettrica a grandi città.

Noi, in quanto giovani della società di domani, abbiamo il dovere morale di convincere le generazioni precedenti della fattibilità dell’impresa, al fine di lasciare ai posteri un mondo ricco di risorse necessarie a garantire il progresso tecnologico delle Nazioni.

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